28 anni da compiere ad Aprile, nato a Catanzaro (ma da mamma e nonni toscani) ed orgoglioso delle sue origini, Andrea Scuderi è da cinque anni a Roma e veste per il secondo anno consecutivo la maglia della IUL Basket. Dottore magistrale in amministrazione, finanza e controllo presso la Luiss Guido Carli, dove ha anche conseguito un master in Project Management, “Scudo” ha sempre voluto conciliare una grande passione per lo sport con la sua formazione e carriera professionale nel mondo del lavoro (adesso è consulente in controllo di gestione e assistente universitario), rinunciando, verosimilmente, ad un percorso sportivo più prestigioso, ma dando sempre grande importanza e massima attenzione anche al parquet.
Cresciuto nella nativa Catanzaro, dopo tutta la trafila giovanile Andrea ha debuttato giovanissimo in prima squadra, scrivendo pagine importanti della storia giallorossa cui resta legato ancora adesso, riuscendo, nel frattempo, a completare gli studi della laurea triennale in economia aziendale presso l’Università della Magna Grecia. Poi lo sbarco a Roma ed un triennio in Luiss arrivando ad un tiro dalla finale per la A2 contro Cassino, prima di assumere le chiavi – e tornare all’amato ruolo di playmaker – in questo anno e mezzo in maglia IUL Basket. Ma non è stato sempre tutto così semplice, almeno all’inizio.
“Mia mamma mi iscrisse al liceo bilingue sperimentale, col senno di poi una fortuna per i legami stretti con una serie di compagni bravissimi, ma l’inizio, in quel contesto, non fu semplice, perché i professori credevano che se mi fossi dedicato più allo studio e meno allo sport i miei risultati sarebbero potuti essere migliori. Mi allenavo due volte al giorno più le sedute di pesi, un giorno saltai la scuola per andare in trasferta durante la settimana per la Coppa Italia e volevano che mi allenassi anche il sabato mattina, quindi c’era curiosità su come avessi potuto adattarmi ad un contesto universitario dove i ritmi sono più gestibili e le scadenze meno stringenti che a scuola. Così, lì per lì ho dedicato la mia triennale ai professori, per non aver creduto troppo in me, ma alla lunga devo ringraziarli, perché mi hanno aiutato a stimolare la valorizzazione della persona, che avviene attraverso qualunque tipo di studio, così come i miei genitori, i miei nonni e fratelli, che soprattutto nei momenti di difficoltà mi hanno sempre sostenuto. Credo di non aver fatto nulla di eccezionale nell’aver conciliato studio e sport: magari non al top, ma sicuramente è possibile riuscire a fare entrambe in maniera corretta e compiuta”.
Così, chiusa l’esperienza alla Luiss – è stato il primo atleta ad aver completato gli studi che ci ha poi giocato contro da avversario – per “Scudo” si è trattato di dover fare una nuova scelta, caduta, nonostante più di qualche possibilità stimolante sotto l’aspetto sportivo, su un progetto che desse continuità al doppio binario intrapreso precedentemente: una decisione che si è tradotta nel progetto IUL, ora abbinato al Basket Roma: un feeling nato già qualche mese prima dell’inizio di questa stagione.
“Dopo la laurea magistrale Giuliano Maresca mi regalò un paio di calzini con questo stemma molto “figo”. Sorridevo all’idea di indossarli pur giocando per un’altra società, ma soprattutto, al momento dell’infortunio, trascorrevo spesso i lunedì pomeriggio sulla cyclette della sala pesi del Basket Roma a farmi raccontare da Giuliano come fosse andata la trasferta del giorno prima. Così ho cominciato a percepire l’ambiente che ora vivo tutti i giorni, molto familiare come quello di Catanzaro, dove sono cresciuto e trascorrevo anche le feste di Natale insieme a giocatori che ora primeggiano in B (Carpanzano, Morici, Fall e Battaglia), o la stessa Luiss, dove dormivo e passavo giornate intere nelle camerate con Ramenghi, Beretta, Veccia e Faragalli, guardando Marcon fare il trapper. Quindi, al momento di dover scegliere, nonostante ci fosse anche l’opportunità di giocare in B, non ho avuto dubbi sul progetto Basket Roma, ma mai avrei immaginato che un giorno mi sarei trovato al bar a mangiare jamòn serrano tagliato e servito da Bagnoli in un piattino”.
Un ambiente in cui si ha la possibilità di veder crescere ogni giorno tanti ragazzi con un sogno nel cassetto, così come capitava al giovane Scuderi in quel di Catanzaro: “Sono cresciuto ammirando i Sabbia, Tolotti e Giordano e allenandomi tutti i giorni col mio mentore Andrea Cattani, potendo trarre sempre insegnamenti di vario genere, che si trattasse di un aspetto tecnico, di prendersi una responsabilità in un momento importante, avere la leadership di andare a parlare ad un compagno. Oggi che le squadre sono più giovani, questi segnali si percepiscono probabilmente di meno, ma restano fondamentali nella crescita di un under, che deve essere solo che onorato al pensiero di potersi allenare con Maresca e Gallerini, vedere un movimento di post basso di Bagnoli, così come capita anche a me di rimanere a volte ancora sorpreso, come nell’occasione dell’incontro con Mamoli e Soragna: è una chance che i ragazzi devono sfruttare un po’ di più, che si tratti di fare due tiri insieme e farsi correggere la meccanica di tiro o prendere un rimbalzo durante una sessione di tiro di un giocatore della prima squadra”.
Ad una condizione, però: avere voglia di ricavarsi il tempo giusto per le cose che si ritengono importanti, come accade oggi ad un atleta e professionista ricco di interessi e curiosità anche verso il mondo esterno. “24 ore sono tantissime, l’ho imparato ai tempi del liceo, quando passavo i rari momenti liberi davanti al computer o alla playstation, anziché studiare, ma per fortuna i miei genitori non mi hanno tolto la pallacanestro, facendomi capire che erano altre le distrazioni da eliminare, ed è quello che mi sentirei di suggerire ai genitori oggi, ovvero meno tempo su instagram o perso senza far nulla, ma da non sottrarre allo sport”.
E fuori dal campo? “Sono un appassionato di economia e cronaca estera, mi piace essere informato sulla politica, non solo su quello che accade davanti ai nostri occhi, altrimenti si rischia di vivere in una bolla di sapone. Vado al cinema a vedere Hammamet e non Transformers, per esempio. Ma, sarà che mio nonno è stato direttore sportivo della Triestina e del Catanzaro in Serie A, sono molto attratto anche delle trattative di calcio mercato”. Tra una canzone di Lucio Dalla ed un pezzo di De André, nelle intense giornate di un ragazzo col sorriso sempre stampato sulle labbra